Sentinelle dell’ambiente in cui viviamo

di Giuseppe Caravita. “Vogliamo assumere nuovi programmatori”, premette subito, e a sorpresa, Giuseppe Magro, ingegnere nucleare e ricercatore all’università di Bologna, nonché fondatore di Qcumber.

di Giuseppe Caravita

“Vogliamo assumere nuovi programmatori”, premette subito, e a sorpresa, Giuseppe Magro, ingegnere nucleare e ricercatore all’università di Bologna, nonché fondatore di Q-cumber.

E in effetti la startup “a valenza sociale” e la sua piattaforma software di “controllo ambientale partecipato” avrà bisogno, nei prossimi mesi, di capacità informatiche di sviluppo piuttosto massicce e sofisticate. Per due motivi principali – spiega Magro– : perché Q-cumber  non è solo ciò che appare dal web (o dalle apps), ovvero un sistema di segnalazione da parte dei cittadini dello stato ambientale di un determinato luogo, ma è una sorta di iceberg semisommerso, con modelli e funzioni complesse dirette alle pubbliche amministrazioni. Secondo, perché Q-cumber  mira esplicitamente a divenire uno dei pilastri delle smart cities, su tutto lo spazio della nascente internet delle cose (IoT). Non solo in Italia e Gran Bretagna, ma ovunque. Di qui l’alleanza avviata dall’aprile scorso con Microsoft e il system integrator Altea. Oltre all’interesse reciproco con STMicroelectronics.

“Sì, Q-cumber può essere correttamente definito come sistema di valutazione ambientale partecipata – spiega Magro –, ma anche di governo del territorio che va oltre la valutazione ambientale.

Noi veniamo da quest’ultima. Ma già oggi ci stiamo evolvendo verso la Smart city e il governo dal basso dell’ambiente. Fino a creare una macchina capace di intercettare i segnali che vengono dal territorio via i canali che stanno nascendo oggi, come il crowdsourcing via telefonini, i social networks, l’internet delle cose.

Tutto questo verrà intercettato da Q-cumber. Con contenuti e applicazioni che non puntano solo alla valutazione ambientale, ma, per spiegare con un esempio, definiscono studi e valutazioni per un nuovo insediamento alberghiero ecosostenibile che viene geolocato dai nostri stessi utenti, con connessa discussione tra di loro. Come si vede andiamo oltre.

Occhi aperti sull’ambiente.

Ed è la rete che ha subito messo alla ribalta la nostra startup. Che dalla sua comparsa si è collocata su un certo rating di interesse sociale. Perché l’ambiente sembra un tema lontano, in realtà tutti viviamo in mezzo all’aria, all’acqua, al cibo.

E’ un argomento ormai dirompente. Chi di noi non vuole sapere se la verdura che compra è stata coltivata vicino a un’area caratterizzata da metalli pesanti?”.

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Non è un caso che la piattaforma Q-cumber  sia nata nel 2011 intorno a un’area ad alto rischio. Montichiari, il paese del nord a più alto tasso di discariche (anche di amianto) con l’obbiettivo, da parte dei volontari di SoS Terra e del Comune, di mettere in condizione i cittadini di segnalare tempestivamente anomalie, cattivi odori, di spedire fotografie o filmati sul Geo-social network sviluppato dal team di Magro. E quindi dando al Comune gli elementi per intervenire.

“Noi abbiamo caratterizzato 70 mila impianti in Italia – aggiunge Magro –. Questo sistema non ha nulla a che fare con le applicazioni che si limitano a gestire semplici segnalazioni dei cittadini. Per noi la parte di segnalazione è solo l’avvio di un processo. Che però non ha come obbiettivo quello di coprire la buca. Quello possono farlo altre dieci app. Q-cumber  ha invece l’obbiettivo, chiarissimo, di creare delle strategie di governance. Tra cui, certamente, c’è anche la copertura della buca. Ma spero che la consapevolezza dei cittadini non si fermi al cassonetto e alla buca, ma vada un po’ oltre”.

“Da fuori non si vede il back-end di Q-cumber  – continua Magro –. Noi riceviamo via rete un po’ di tutto, dal mucchio di spazzatura abbandonato all’amianto, dalla fumata nera all’incendio boschivo. Questi sensori “umani” danno la loro interpretazione, ma sono sensori soggettivi.

Gli uomini sensori non bastano.

Dov’è il vantaggio del nostro sistema? Che questi sensori vengono correlati con altri ingressi di tipo scientifico, sensori fisici, punti di rilevazione, modelli di simulazione. E questo incrocio ci permette di individuare delle problematiche. Lavoriamo con Cambridge, che ha sviluppato i modelli idonei, per esempio per capire se è vero o no che in una casa gli inquinanti abbiano superato una certa soglia. Quella segnalazione infine viene gestita con le istituzioni che si occupano del controllo del territorio. Quindi andiamo ben oltre la segnalazione soggettiva.

Si tratta alla fine di una segnalazione scientifica. Perché gestita da una fonte pienamente caratterizzata, da un modello validato a livello internazionale, ed è la base della valutazione delle segnalazioni dei cittadini.

Faccio un esempio. Il sistema rileva che nei dintorni della casa del signor Rossi ci sono quattro ricadute di inquinanti dovute ad altrettante sorgenti rilevate. Allo stesso tempo il signor Rossi segnala persistenti problemi di odore. A quel punto il sistema dice: abbiamo allo stesso tempo una grande ricaduta calcolata in maniera scientifica e una segnalazione persistente. E a quel punto il sistema mette bandierina rossa, avvisa il sindaco e le istituzioni e avvia un procedimento di verifica più strutturato. Ma questo oggi non si vede, sta nel back-end. Q-cumber, fino ad oggi, si è espressa solo per il 5%. Oggi abbiamo il 95% delle funzioni ancora non pubblicate. Abbiamo messo a disposizione dei cittadini solo le segnalazioni di odori, rumori, i media (foto e video). Mentre i comuni vedono le mappe di ricaduta, e gli impatti ambientali di inquinamento.

Il sistema però costruisce una mappa integrata e fornisce supporto alla decisione. Di strumenti di sola segnalazione ce ne sono a centinaia. Q-cumber  fa un balzo su questi, usa anche questi ma dà anche dei suggerimenti ai decisori su come affrontare la situazione. E questo ci ha portato via cinque anni di lavoro. Fare un sito semplice sui rifiuti richiede pochi mesi. Farlo che parta dalle segnalazioni sui rifiuti ma crei un contesto e un processo di indicazioni istituzionali su come affrontare i problemi e prevenirli la volta dopo, non è facile”.

Q-cumber è quindi una sorta di “iceberg”, con una parte emersa circoscritta ai cittadini ma una sommersa, di modelli e sistemi di supporto alle decisioni, nonchè di database ambientali, ben più vasta.

“Per dare un’idea, il lavoro di caratterizzazione lo stiamo portando avanti dal 2010, ben prima della nascita di Q-cumber. In Lombardia i nostri sistemi software erano stati già adottati dalla Regione. Questo ci ha permesso di fare un’esperienza forte con le istituzioni e con i cittadini. Abbiamo seguito noi per esempio l’esperienza di Montichiari (discariche e amianto). In questo modo abbiamo acquisito molti dati per raffinare il nostro modello.

Abbiamo mappato, in pratica, tutta la Lombardia. Solo in questa regione facciamo lavorare circa 300 database. Una massa di dati elevata. Di qui l’accordo con Microsoft per il cloud computing, per avere risorse di memoria e di calcolo all’altezza di questa sfida”.

Dalla Lombardia alle smart cities del Regno Unito.

L’esperienza di Montichiari, per lo studio Algebra guidato da Magro (l’azienda madre di Q-cumber ) è comunque servita come cartina di tornasole, anche internazionale.

“Mi hanno chiesto in aprile di dirigere il congresso mondiale dell’impatto ambientale, con 1000 delegati IAIA, l’Associazione Internazionale per la valutazione dell’impatto ambientale,  da 100 paesi. Quando hanno visto sullo schermo Q-cumber  è stato un momento molto forte. Siamo i primi al mondo ad aver fatto una cosa del genere. E la IAIA mondiale ha dato mandato a me e al mio gruppo di lavoro di scrivere le linee guida sul digital assessment entro il 2016. Un documento che diverrà il punto di riferimento internazionale in materia. Per gestire le nuove tecnologie per l’ambiente.

Da allora abbiamo una rete di persone, in giro per il mondo, pronte a partire per fare quello che stiamo facendo noi in Lombardia. E poi ci aspettiamo l’anno prossimo una diffusione dalla Lombardia a tutto il territorio italiano, grazie ai forti segnali di interesse ricevuti da varie istituzioni”.

Non solo. Il principale partner di Q-cumber  è il Cerc, il prestigioso centro studi e consulenze sull’ambiente di Cambridge. Insieme stanno lavorando alla piattaforma estesa, Q-cumber  Smart City, che verrà sperimentata, con un progetto a finanziamento pubblico, in un buon numero di città inglesi: Belfast, Birmingham, Cambridge, Ipswich e Londra.

Non poco. Motivo anche per l’alleanza a tre (Q-cumber , Microsoft, Altea) presentata al congresso IAIA dello scorso aprile. E per la contestuale manifestazione di interesse di STMicroelectronics.

La vicinanza con ST, creatasi intorno al convegno, non è solo di superficie. A noi sicuramente servirà un soggetto in grado di ideare e produrre sensori per tutti i luoghi che ci interessano. Come punto di captazione. A partire dai mobile, embedded e non, ma che vanno a toccare tutto il mondo dell’Internet delle cose che ha a che fare con le smart cities, ovvero le città sostenibili. Un tema vastissimo dato che la maggior parte della popolazione mondiale sta concentrandosi nelle città.

“Con Microsoft già dialogavamo sui 10 miliardi di oggetti connessi in rete, produttori di montagne di dati, e non solo sulla loro elaborazione, ma soprattutto sulla capacità di fare arrivare questi dati sul cloud – spiega Magro –. Qui il ruolo di Microsoft e ST è essenziale per creare quei protocolli efficienti e scalabili e chiudere questo anello essenziale.

Per questo ST è fondamentale. Perché ha le tecnologie, le competenze di sviluppo dei sensori e di produzione a basso costo e su vasta scala.

Con Microsoft ed ST nei prossimi mesi formalizzeremo insieme un progetto.

Andremo oltre la Lombardia. In Italia e Inghilterra, dove diverse città hanno richiesto la piattaforma. Per evolvere verso un nuovo modulo Q-cumber Smart City. Con dispositivi sensoriali capaci di raccogliere dati esatti a un costo cento volte inferiore rispetto alle centraline tradizionali. Siamo dentro una rivoluzione: il 90% dei dati creati dagli uomini, da quando esistono sul pianeta terra, è stato generato negli ultimi 24 mesi. Basta soltanto questa cifra a dare l’idea del potenziale che si sta aprendo. Un potenziale dirompente”.

 

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